
- On 03/04/2021
- In News
- Tags: #meravigliosacampania, #tourcampania, #toursalerno, #visitacampania, #visitasalerno
Teatro Verdi di Salerno “il sipario più bello d’Italia”
Costruito a partire dal 1864 sullo schema del San Carlo di Napoli, ma 5 volte più piccolo, il suo primo sipario venne definito, all’epoca, “il più bello esistente in Italia”. Sul finire del 1800 si è più volte esibito il grande tenore Enrico Caruso; l’attuale direttore artistico è Daniel Oren.
IL TEATRO VERDI DI SALERNO
La città precedentemente utilizzava come teatro la Chiesa di San Benedetto che, con l’avvento delle leggi napoleoniche e la soppressione del monastero benedettino, era stata sconsacrata ed adibita a teatro “San Gioacchino”, nel periodo murattiano, ed in seguito “Real Teatro San Matteo”.
Nel 1845, per ordine di re Ferdinando II, il teatro San Matteo fu chiuso e l’edificio, restituito all’autorità ecclesiastica, fu riaperto al culto. A seguito di questo episodio Salerno restò senza teatro, e per circa trent’anni ebbe solo teatri itineranti.
SCELTA DEL LUOGO
Dopo l’Unità d’Italia, gli amministratori dell’epoca si fecero promotori della costruzione di un teatro comunale che, per grandiosità e magnificenza, doveva soddisfare le esigenze della città, allora in espansione demografica e culturale.
Un primo progetto prevedeva la costruzione del teatro all’interno della città, nei pressi di Piazza Portanova ma, dopo una lunga polemica, prevalse la proposta del primo sindaco dopo l’Unità d’Italia Matteo Luciani che indicava, quale area più adatta, il Largo Santa Teresa.
Questa scelta consentiva anche l’urbanizzazione di un’area nuova della città, che si è sviluppata nei decenni successivi, di fronte alla città antica, su un territorio che si affaccia al mare, e dove, dopo l’edificazione del teatro, sono stati costruiti Palazzo Natella (1918), la Camera di Commercio (1927), le Poste Centrali (1934 – 37), il Municipio (1934 – 42).
IL PROGETTO
Il progetto definitivo, approvato dal consiglio comunale nella seduta del 15 dicembre 1863, fu redatto dall’ingegnere Antonino D’Amora e dall’architetto Giuseppe Manichini (ai quali sarà anche affidata la direzione dei lavori) che si basarono sulle proporzioni del Teatro San Carlo di Napoli, ma con una sala 5 volte più piccola.
L’edificio presenta agli estremi corti del corpo di fabbrica due appendici simmetriche, corrispondenti rispettivamente alla zona d’ingresso e al retropalco. Nelle articolazioni esterne, soprattutto nel suo prospetto frontale, come nella pianta interna, esso ripropone lo schema sperimentato dal Niccolini per il Teatro San Carlo di Napoli.
INIZIO DEI LAVORI
I lavori ebbero inizio il 1° aprile 1864. Inizialmente affidati a Vincenzo Fiorillo in seguito affiancato (nel 1867) da Antonio Avallone e Bonaventura Della Monica.
Il rustico fu terminato nel 1869 e consegnato, per le decorazioni interne, a Gaetano e Fortunato d’Agostino (figlio e padre) che furono affiancati da numerosi artisti salernitani e partenopei.
Fu ultimato, nelle decorazioni e nell’arredo, nel 1872, quando avvenne l’inaugurazione con l’opera del “Rigoletto” di Giuseppe Verdi.
Alcuni decenni dopo, nel 1901, anno della morte di Giuseppe Verdi, i salernitani gli intitolarono il teatro, nonostante il maestro, invitato all’inaugurazione, avesse disertato la cerimonia.
INTERNI – Foyer
Fin dal Foyer, il disegno iconografico del Teatro concepito dai D’Agostino, si delinea con estrema chiarezza: le immagini prescelte comunicano la destinazione del luogo, un tempio della musica e, in particolare, della tradizione del bel canto.
Qui mosse i primi passi il grande Enrico Caruso. Egli, dopo aver debuttato a Napoli nel 1894, a soli 21 anni, fu condotto a Salerno dal tenore Zucchi e scritturato nel 1897 per “La Gioconda” di Ponchielli; vi rimase fino al 1901 allorquando fu scritturato dal “San Carlo” di Napoli. Caruso rimane il simbolo di questo teatro e a testimoniare questo legame resta la porta di un camerino (adesso al botteghino) autografata dal tenore dopo il suo successo.
INTERNI – Peristilio
Al centro del peristilio, un’esedra in cui a nicchie con statue si alternano colonne di stucco decorate a finto marmo, troviamo collocata la statua raffigurante: Pergolesi morente, opera dello scultore sarnese Giovan Battista Amendola.
La scultura, realizzata in gesso patinato, avvicina allusivamente l’artista al bronzo.
Platea
I posti a sedere sono 307 in platea e 300 nei palchi. Ogni palco possiede un camerino di servizio ed ogni fila è dotata di quattro sale che affacciano all’esterno. Il teatro nel corso degli anni è stato oggetto di interventi di restauro e trasformazioni determinate da esigenze legate ai tempi e ad eventi naturali.
Primo Sipario
Per l’incarico più prestigioso, il primo sipario del Teatro, Gaetano D’Agostino contatta Domenico Morelli. L’artista partenopeo si impegna a realizzare “La cacciata dei Saraceni da Salerno”.
L’opera, (all’epoca definita “il più bello esistente in Italia”) è decorata con polvere d’oro e raffigura il principe longobardo Guaiferio che, nell’agosto dell’871, alla testa del popolo salernitano, alleatosi con Capua e Benevento, sferra l’ultimo contrattacco ai feroci pirati Agareni condotti da Abdila.
Il grande arazzo (121 mq di tela) fu eseguito all’Accademia delle Belle Arti di Napoli da Giuseppe Sciuti (siciliano) e, per la cornice, da Ignazio Perricci (barese) ed esposto nella Cappella del Palazzo Reale di Napoli. I disegni e i bozzetti realizzati dal Morelli sono conservati nella Galleria Nazionale d’Arte di Roma.
Nell’agosto dell’871, Abdila, condottiero dei Agareni, tra i più feroci pirati saraceni, risaliva la Calabria, sbarcando sulle coste campane. Il popolo di Salerno, alleatosi con Benevento e Capua, intraprende una battaglia logorante contro gli assedianti; alla fine i Saraceni sferrano l’ultimo attacco, lasciando sul terreno di battaglia numerosi compagni morti. Il momento prescelto dal Morelli è quello finale, quando gli Agareni, incitandosi con suoni e grida selvagge avanzano verso le mura della città.
Secondo sipario
Il cosiddetto comodino, raffigurante le Maschere italiane, lo realizzerà lo stesso D’Agostino (attualmente non è visibile è in attesa di restauro). Pregevoli sono i medaglioni sui parapetti dei palchi della terza fila, anch’essi realizzati dai Fortunato, che accolgono figure di musicisti, artisti e poeti raffiguranti, guardando il palcoscenico da destra a sinistra:
Bellini, Cimarosa, Pergolesi, Goldoni, Rossini, Donizetti, Alfieri, Tasso, Dante, Michelangelo, Raffaello, Giotto, Leonardo, Andrea Sabatini, Cellini, Salvator Rosa, Giuseppe Verdi.
Plafon
Salerno, restando al passo coi tempi, dedicò il plafon del teatro a Rossini, morto in Francia proprio quando incominciavano le decorazioni interne.
Di particolare pregio è il soffitto (l’Apoteosi di Rossini), dipinto da Pasquale Di Criscito, che raffigura il grande musicista intento a dirigere le sue opere mentre viene ispirato dalle nove muse: sul lato destro del dipinto “Mosè”, a sinistra il “Barbiere di Siviglia”, “Otello”, “Semiramide” e “Guglielmo Tell”.
Fonte sito internet Teatro Municipale Giuseppe Verdi Salerno
Divérteducando Viaggi propone tour di una giornata alla scoperta della penisola sorrentina per studenti e per individuali e famiglie weekend lunghi per individuali e famiglie