
- On 21/03/2021
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La Pastiera, un dolce dalle infinite ricette
Secondo tradizione, la Pastiera si dice nata dalla stessa Partenope, la bellissima Sirena dalla voce melodiosa che scelse di vivere sulle coste dove oggi sorge Napoli.
IL DOLCE NATO DAL MARE
La leggenda narra che un tempo in un piccolo villaggio di pescatori, dove l’unica fonte di guadagno era la pesca, per molti mesi il mare era sempre agitato e un giorno gli uomini del villaggio decisero di affrontare il mare tempestoso, pur di sfamare le proprie famiglie.
Ma i giorni passavano e gli uomini non tornavano, così le donne e i bambini cominciarono a piangere rivolti verso il mare ed improvvisamente comparve la Sirena Partenope, accorsa per capire cosa fosse successo. Commossa dalla disperazione di quella gente, implorò suo padre, il mare, di calmare le acque e far ritornare i poveri pescatori alle loro famiglie, ma il mare si rifiutò di far cessare la tempesta perché era arrabbiato ed affamato.
Così i bambini donarono alla sirena ricotta e farina simbolo di fertilità, le uova che simboleggiano la vita che si rinnova, il grano, i fiori d’arancio, le spezie simbolo di incontro con paesi lontani.
Partenope mescolando tutti quegli ingredienti, realizzò un dolce che donò al padre facendogli tornare il buonumore.
Il Mare si calmò e permise ai pescatori di tornare finalmente a casa, così da qual giorno, il popolo partenopeo come segno di ringraziamento, ogni anno portava alla sirena i 7 doni della natura, ovvero gli ingredienti per realizzare la pastiera.
IL DOLCE NATO NEI CONVENTI
La storia della nascita della pastiera risale al XVI sec., quando le sapienti mani delle suore napoletane chiuse nei conventi, ed in particolare in quello di San Gregorio, associarono gli ingredienti come la ricotta bianca, simbolo di purezza; il grano e le uova simboli di vita nuova, al simbolo cristiano della rinascita e della resurrezione, la forma circolare del dolce ricordava l’infinito e la posizione delle strisce in superficie simboleggiava la croce di Gesù.
Anche se nell’immaginario collettivo la pastiera resta il dolce pasquale per eccellenza, non tutti sanno che la prima pastiera dell’anno si mangia il giorno dell’Epifania, ovvero il giorno della rivelazione di Dio agli uomini, dal greco Epiphàneia che significa epifania, rivelazione, prima pasqua, il rinnovarsi della vita.
LE STRISCE DI PASTA FROLLA
Ma se per le suore l’incrocio creato dalle strisce di pastafrolla simboleggiava il sacrificio in croce di Cristo, qualcuno ha voluto vederci la planimetria delle strade dell’antica Neapolis, ovvero l’incrocio dei cardi e dei decumani che caratterizzano il centro storico di Napoli e proprio per questa sua conformazione è stato definito patrimonio dell’Unesco.
Ed ecco perché sulla pastiera le strisce non devono essere in numero pari, ma 7 in totale che corrisponderebbero ai 3 decumani e ai 4 cardi, in realtà i decumani sono davvero tre ma i cardi sono più numerosi e non di certo 4.
STORIA DEL NOME
Il nome della Pastiera appare per la prima volta in un libro del 1693 ed in molti altri che sono stati scritti nel corso dei secoli dove varia di volta in volta la ricetta, ma in nessun ricettario del passato risulta esserci traccia del numero di strisce da realizzare, sembra più probabile che si tratti di una qualche invenzione moderna.
OGNI FAMIGLIA UNA RICETTA
Resta comunque la più grande delle verità e cioè che ogni famiglia partenopea si ritiene detentrice della vera, originale più buona pastiera che esista, tramandata di generazione in generazione, da madre in figlia, da nonna a nipote e guai a mettere in dubbio la paternità o meglio ancora maternità dell’antica ricetta.
Ingredienti semplici come la ricotta, il grano, la farina, le uova e gli aromi si amalgamano fino a dare vita ad una prelibatezza che si racconta sia stata capace di far sorridere anche la triste regina Maria Teresa d’Austria, moglie del re Ferdinando II “il re bomba”, la quale dopo aver assaggiato una fetta della torta paradisiaca, la sua bocca si mosse in un sorriso con grande gioia del consorte, il quale esclamò che avrebbe dovuto aspettare un anno e una nuova Pasqua per vederla sorridere ancora.
Questo dolce così famoso ha trovato recentemente un omaggio anche in uno dei libri di Maurizio de Giovanni, “Vipera”, che narrano le vicende de il Commissario Ricciardi dove oltre a descriverne la tradizionale leggenda, un morso di questo dolce è bastato a far tornare il buonumore anche alla bella Livia, che piange per l’amore non corrisposto dal commissario nei suoi confronti.
Un dolce miracoloso quindi, simbolo di resurrezione, di rinascita, della vita che ricomincia con la primavera, dolce del sorriso della felicità.
La pastafrolla dolce e corposa oppure sottile e con poco zucchero?
Ogni ricetta comunque, conservata dalle donne partenopee resta segreta e lasciata in eredità da madre a figlia, ognuno avrà la sua ricetta della pastiera e vi dirà per esempio che il grano non deve assolutamente essere di quelli già preparati, anche se oggi per velocità e comodità molte donne usano quello, che metà va frullato e l’altro lasciato per intero per assaporarne i chicchi, chi vi dirà che per la base occorre realizzare una pastafrolla che sia dolce e corposa e chi la “pettola”, ovvero una specie di pastafrolla molto sottile e con poco zucchero, per non guastare la dolcezza della farcitura, chi preferisce un pizzico di cannella e per chi l’aggiunta di questo ingrediente diventa sacrilego, chi ama i pezzetti di cedro interi, anche se poi vengono puntualmente scartati e chi preferisce evitarli, chi aggiunge solo l’aroma di millefiori e chi anche un po’ di succo d’arancia e chi cambiando la ricetta originale, preferisce aggiungere anche un po’ di crema pasticciera.
La Pastiera, un dolce dalle infinite ricette
Resta comunque il fatto che quando una ragazza decide di realizzare la pastiera, si troverà a dover interpretare un ricettario dove le quantità non sono specificate e la mamma o la nonna le diranno semplicemente che gli ingredienti deve aggiungerli “à uocchie”, ovvero a occhio quindi non le resterà che osservare o provare e riprovare sotto lo sguardo del giudice severo del genitore, finchè non le riuscirà una pastiera con “la lacrima”, ovvero bagnata e sugosa al punto giusto e perfetta da far tornate il sorriso a chi la mangerà.
P.S. io potrei pure allegare la mia ricetta ma poi dovreste interpretare “a uocchie” di mia nonna, impresa risultata ardua anche per me, quindi ad ognuno la sua e che ogni ricetta resti nella propria famiglia.
Articolo a cura delle guida turistica autorizzata regione Campania Roberta Paparo
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